ENDOMETRIOSI

L’endometriosi è una malattia che si manifesta con la presenza anomala di tessuto endometriale (che riveste la superficie interna dell’utero) al di fuori della cavità uterina (ovaie, peritoneo, tube, intestino) e provoca forte dolore pelvico, mestruale e durante i rapporti sessuali (dispareunia).

Spesso ci si accorge di esserne affette dal momento in cui si percepisce in continuazione la falsa sensazione di dover andare in bagno (disagio rettale). Tale patologia, che può presentarsi in modi differenti e con diversi livelli di gravità, può risultare fortemente invalidante. Inoltre è recidivante e molte donne sono costrette ad affrontare diversi interventi a salvaguardia della propria salute; talvolta solo l’intervento di isterectomia rappresenta una risoluzione definitiva.

È questo il caso dell’attrice Lena Dunham che ha suscitato un vivace dibattito, in quanto persiste, per una buona parte della popolazione, l’ancoraggio ad una cultura obsoleta che vede nella rinuncia alla possibilità di procreare un’equivalente rifiuto perdita della propria femminilità.

Quali possono essere i risvolti psicologici di una patologia tanto invalidante da comportare scelte irreversibili?

L’endometriosi va ad intaccare diversi domini dell’esistenza femminile, da quello sessuale a quello dell’identità di genere per poi passare, quando desiderata, dalla maternità, spesso difficile da raggiungere. A seconda del grado della malattia, si possono quindi riscontrare elevati livelli di stress cronico che causano umore depresso e ansia. Il dolore pelvico cronico è associato a conseguenze negative non solo fisiche ma anche psicologiche, relazionali e sessuali spesso accompagnate da emozioni di vergogna, colpa e rabbia. Quando l’endometriosi provoca infertilità, possono essere esperite anche intense emozioni di perdita e lutto.

Appare dunque evidente quanto sia di fondamentale importanza che queste donne possano essere sostenute da figure professionali preparate, tra le quali quella dello psico-sessuologo. Un professionista che possa fungere da catalizzatore, nell’elaborazione dei vissuti della paziente e contribuire all’instaurarsi di una prospettiva di vita gratificante mediante l’accettazione della stessa, del dolore e della terapia farmacologica che comporta; nondimeno, la gestione relazionale e personale dei sintomi.